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Siamo pronti a camminare?

Da tre anni, da quando il nostro vescovo Giuseppe ha indetto il triennio di Visita Pastorale indicando come focus del terzo anno i giovani, da direttore del Centro di Pastorale Adolescenti e Giovani mi chiedo: saremo pronti come giovani a prendere il centro del pensiero della nostra Chiesa e delle nostre parrocchie? Alla vigilia di questo anno la risposta che mi do è: NO, non siamo pronti e ve lo spiego. Attorno alla figura del “giovane” (prendiamo nella considerazione anche la fascia degli adolescenti delle scuole secondarie di secondo grado) ci girano tante aspettative, tante speranze, tante parole: sembra quasi che il mondo degli adulti delle comunità cristiane sia in attesa di vedere “sbocciare” i propri frutti per poter finalmente consegnare a qualcuno il peso delle proprie fatiche umane, spirituali e pastorali. Questo i giovani lo sentono e spesso scappano da questa che noi chiamiamo “responsabilità” per molti motivi tra i quali il fatto di sentirsi in pochi e inadeguati di fronte alla loro stessa vita. La domanda che però mi sta sorgendo in questo ultimo periodo è: siamo pronti noi adulti in questo passo verso i giovani? Siamo pronti a lasciare le chiavi delle nostre tradizioni, dei nostri oratori, delle nostre proposte ai giovani? Certo è una provocazione che per primo rivolgo a me stesso ma che mi piacerebbe che ci facessimo in tutti i luoghi dove cerchiamo di realizzare il Regno del Padre, dalla Curia al Seminario, dalla Caritas alle missioni, dai servizi diocesani ai gruppi di catechisti, dalle parrocchie alle unità pastorali fino agli oratori: siamo pronti a passare il testimone? E il testimone nell’atletica è quel pezzo di metallo che va accompagnato per un periodo consegnato di mano in mano senza farlo cadere.

Dalle testimonianze raccolte in questi mesi ritengo che il Sinodo che si è celebrato lo scorso ottobre a Roma abbia dato due indicazioni molto importanti a prescindere dai testi che poi sono stati divulgati. Il primo è il metodo sinodale stesso: gli orizzonti della Chiesa non si fanno sulla carta o per democrazia ma attraverso l’ascolto e il dialogo. Il secondo, forse, è a fondamento del primo: non si può dialogare se non si cammina insieme, se non ci si guarda in faccia e non si condivide la stessa fatica, compresa quella del conoscersi. I padri raccontano come il vero Sinodo non si è svolto nella bella aula sinodale, ma attorno ad un tavolo, alla macchinetta del caffè o nei corridoi: lì si sono veramente lasciati coinvolgere dai giovani, dal loro entusiasmo, dalle loro domande, dai loro desideri e dalle loro speranze perché hanno accolto la loro vita conoscendola ed amandola.

Penso allora che questo anno dedicato ai giovani sia una grossa opportunità che ci viene offerta nella nostra Diocesi e nelle nostre parrocchie: sta a noi decidere se passare il testimone camminando per un pezzo assieme a loro o se tenerlo, aspettando ancora.

don davide

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